martedì 6 luglio 2010

...Nanterre...


Nanterre...per alcuni di voi, forse, questo nome ha ancora un suo potere evocativo...forse....o forse lo ha perso...il maggio francese in fondo è così lontano...
Mi è capitato di venire spesso a Nanterre in questi ultimi anni...BDIC! Fondamentalmente un archivio del '900 molte cose sui gruppi che hanno dato vita a quella nouvelle vague della sinistra francese degli anni '70....una nouvelle vague che più la studio meno mi sembra nouvelle..nemmeno per quegli anni...ma soprattutto mi appare sempre meno di sinistra...bah la definizione di sinsitra è sempre stata molto complicata anche quando esisteva nelle dinamiche reali...figuriamoci oggi...in compenso Nanterre è sempre qui...e fa schifo. No davvero io provo, camminando per i vialetti della facoltà dove hanno sapientemente incastonato quattro alberelli tristi tra colate di asfalto, ad immaginarmi il movimento del maggio...e tutto quello che rieco a percepire è una rabbia profonda verso quello che mi circonda. La avvertivano anche allora...anzi allora di più...oggi almeno le baraccopoli non ci sono quasi più....nascoste dietro il piano di urbanizzazione sovietica che ha investito Parigi ed i suoi sobborghi più poveri negli anni '60 e '70...la baraccopoli non si vede....ma il confine si vede...e chiaramente...si avverte quando lungo la RER linea A si oltrepassa la fermata Charles de Gaulle...è allora che succede. Attenzione non succede solo in questa particolare tratta succede in tutta la città..ad un certo punto si abbandona la Ville lumiere, che dio gliele fulmini quelle cazzo di lucine, e si entra nella metropoli...multietnica...mah veramente mica tanto multi...è multi fino a Charles de Gaulle...poi l'unico pallido sono io...Ed è allora che cominci a comprendere il confine...un confine che non è solo fatto di colori differenti ma di idioma che si trasforma...come se si entrasse in una realtà separata...un ghetto che come tutti i ghetti ha le sue regole ed i suoi linguaggi...ed allora anche la lingua cambia ed il francese dall'insopportabile accento parigino muta in un argò incomprensibile a chi non è cresciuto qui...ma non qui a Parigi...qui! Dopo giorni..settimane passate a prendere lo stesso treno...8e57 del mattino dalla Gare de Lyon e 6e04 del pomeriggio per tornare indietro..cominci a riconoscere le facce...e loro riconoscono te...e lo avverti e lo avverti esattamente quando oltrepassi il confine. Ed allora in qualche modo, forse per la mia storia personale...forse per un imponderabile razzismo che ci è stato inoculato fin dall'infanzia dalle nostre spocchiose ed euro-centriche culture...qualcosa cambia...anche in me. L'ambiente circostante ci condiziona...in un posto orrendo alcune paure ancestrali riemergono...salta il patto sociale lo stramaledetto compromesso hobbesiano, in cui non ho mai creduto granché, svanisce sotto un'impercettibile pressione ambientale. Cambiano i colori...la lingua...i suoni e gli odori...sei fisicamente catapultato nel ghetto...poi il treno riemerge dal lungo budello nel quale ha corso...e ci sei dentro...tutto intorno a te parla di confine...di margine...di possibilità di esclusione. L'inclusione in realtà mi ha sempre destato un certo disgusto...ma mi rendo conto ogni volta che mi trovo nelle periferie delle città che posso provarlo quel disgusto solo e soltanto perché in qualche modo io da quell'esclusione sono riuscito, forse solo per un po' di tempo, a fuggire. Quando ci torno mi rendo conto che quell'esclusione quel ghetto mi fa semplicemente schifo...esteticamente ed intimamente...rappresenta il passato che mi sono lasciato alle spalle ed allo stesso tempo una condizione di appartenenza che non mi abbandonerà mai...ed allora a questo stimolo rispondo nel solo modo che conosco...la postura del corpo cambia...i muscoli si tendono a mostrare un poco di più i tanti anni di battaglie...la borsa che solitamente porto a tracolla per comodità la lascio scivolare su di una sola spalla...gesto intimo di sfida...la camminata cambia e si fa più tracotante...vesto la faccia cattiva...non me ne rendo conto subito...rimango in quello stato per ore...sono di nuovo vicino alla mia, provvisoria, casa di Bastille quando mi vedo riflesso in una vetrina....tronfio e un po' ridicolo...rido...ok riesco a ridere di me stesso...riesco ancora a sentirmi ridicolo. Domani 8e57....poi attraverserò i vialetti tristi andata...poi di nuovo slalom tra alberelli un po' rinsecchiti che cercano di farsi spazio tra il cemento...6e04...forse vestirò ancora la faccia cattiva...io solo per altre due settimane...molti altri ce li hanno condannati a vita e chissà forse non riescono più a sentirsi ridicoli...come me