mercoledì 7 gennaio 2015

ciao Charlie

Studio la violenza politica da circa dieci anni; è stato l'argomento della mia tesi di dottorato, del mio progetto di post-dottorato, di articoli e libri. Dovrei esserci abituato. Ed invece no.
Ed invece non riesco, per fortuna, ad abituarmi. Quando mi chiedono perché studio questo fenomeno di solito rispondo che lo faccio perché sento il bisogno di capire.
Questa, però, è solo una parte della verità; in realtà cerco, studiando la violenza, di esorcizzare la mia violenza, quella che, civilizzati o meno, è dentro ognuno di noi. Diciamo che confrontarmi con qualcosa di così assurdo, quasi quotidianamente, mi rammenta che così assurdo non lo è affatto.
È davvero così pazzesco quello che è accaduto a Parigi nelle ore di questa mattina? Difficile rispondere, davvero. Si può uccidere nel nome di dio? Sì, lo facciamo da secoli. Musulmani, cristiani, induisti, ebrei e persino alcuni buddisti. Niente di strano, quindi, nel pensare che un gruppo armato di natura religiosa abbia deciso di “punire” degli infedeli rei di aver diffamato il nome del loro profeta. Del resto contro quel giornale era stata lanciata una fatwa, una sentenza di morte da parte dell'islam radicale. La stessa sentenza pesa sul capo dell'autore del libro i versetti satanici e di molti altri. Tutti colpevoli di aver insultato la fede.
Ogni giorno stragi simili, ed a volte anche peggiori, vengono perpetrate in mezzo mondo ad opera di estremisti religiosi.
Vi è poi qualcosa di nuovo nel pensare che questo nemico sia stato allevato in casa? Quanti sono stati i gruppi terroristici integralmente europei nell'ultimo mezzo secolo di storia? Molti. Di estrema destra, di estrema sinistra, anarchici, nazionalisti, regionalisti e via discorrendo. Abbiamo sempre avuto bisogno di un nemico, di qualcosa di altro che definisse il noi come contrapposizione, un qualcosa di differente che stringesse i legami culturali tra chi è simile. Qualcosa di alieno che ci rendesse possibile costruire un'identità.
Cosa c'è che ci fa così paura, oggi?
Ecco la paura, è proprio la paura che dobbiamo cercare di accantonare un momento per provare a riflettere, provare, almeno tentare, di non lasciarci andare a risposte facili dettate dalla paura.
Credo, come ho già scritto, che le risposte possibili si possano sommariamente riassumere in 3 punti:

  1. i paesi arabi non hanno vissuto la rivoluzione francese.
  2. Le politiche d'inclusione europee hanno fatto fiasco
  3. la crisi economica sta radicalizzando i poveri

Non amo gli schemi, davvero non mi piacciono ma non sapevo come altro mettere in fila 3 linee di ragionamento tanto complesse senza scrivere molte pagine.
Il  processo di laicizzazione e di secolarizzazione avvenuto in Europa e che ha portato ad una separazione tra religione e stato è un percorso alieno ai paesi arabi; semplicemente la base del diritto è e rimane il Corano. Se noi dovessimo avere l'antico testamento come fonte principale del nostro ordinamento penale dovremmo lapidare le adultere.
Alcune interpretazioni del Corano fanno sì, ad esempio, che questo avvenga.
A questo si aggiunga che, anche a causa del colonialismo occidentale, quei paesi sono luoghi di emigrazione di massa. Emigrazione che ha interessato ed interessa almeno tre generazioni di persone che giungevano speranzose in Europa. Un'Europa che fino a venticinque anni fa offriva la risorsa più preziosa dopo la pace: il lavoro.
Le politiche d'inclusione sociale basate su di un welfare universalistico basato su percentuali d'occupazione altissime hanno fatto sì che molti dei migranti riuscissero, pur subendo spesso il razzismo dei cittadini europei, ad integrarsi.
Hanno pagato le tasse, costruito famiglie e, soprattutto, mandato i figli a scuola.
Nonostante questo, ed il fallimento della mixitè in Francia sta li a ricordacelo, il numero di giovani emarginati francesi è nettamente più alto tra i figli di emigrati.
E su questo scenario già non edificante è giunta e si è aggiunta la più disastrosa crisi economica degli ultimi cento anni.
Sono migliaiai i giovani che son partiti negli ultimi anni per andare a ritrovare le proprie radici culturali nei paesi da cui provenivano i loro familiari; incapaci di sentirsi parte di un progetto di società l'hanno rifiutata; contro una globalizzazione che esaspera il divario tra ricchi e poveri sono andati a cercare un fattore di coesione laddove c'era. L'islam gli ha dato questo: un'identità forte e qualcosa per cui valesse la pena vivere e morire. Le società occidentali soffrono sotto la morsa della globalizzazione che crea aspettative irraggiungibili per i più mentre l'islam è una realtà coesa che permette di sentirti parte di una comunità che pensa a te ed alla tua famiglia.
In paesi come il Pakistan o l'Iraq ridotto in macerie dalle bombe occidentali questi giovani sono stati ideologizzati ed addestrati. I terroristi che oggi hanno colpito la redazione del giornale satirico parlavano francese senza particolare accento, e la modalità e la freddezza con la quale è stato ucciso uno dei poliziotti rimanda ad un addestramento e ad una pratica consolidata.
Allah Akbar, dunque, è un urlo distintivo che riassume un'identità ed un'appartenenza.
Il terrorismo si sconfigge, dunque, risolvendo la crisi. No. E sarebbe semplicistico pensarlo soprattutto oggi che, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, siamo nel mezzo di uno scontro che abbiamo contribuito ad alimentare con le politiche degli ultimi quindici anni.
Servirebbero molte altre cose, cose che abbiamo paura di pronunciare: scuole, lavoro, diritti ed opportunità. Almeno qui. Almeno nei nostri paesi servirebbero, forse, queste cose per far sì che la scelta tra un'identità fanatica e religiosa ed una laica e democratica non debba nemmeno porsi. Attenzione non credo affatto, non sono ancora così ingenuo, che basterebbe. Non si può dichiarare una guerra e poi decidere che le sue modalità non ci piacciono. Dovremmo far finire la guerra, prima. E questo di per sé sarebbe rivoluzionario. Dico solo che qui nei paesi civilizzati dell'Europa, come ci piace pensarci, fare sì che morire in nome di un dio qualsiasi divenga meno attraente mi pare un obiettivo minimo.
In quei paesi, forse, ci sarebbe bisogno di rivoluzioni, vere. Non le pagliacciate finanziate dall'estero ma una presa di coscienza della masse arabe del proprio livello di impoverimento a causa delle borghesie dei loro e dei nostri paesi.
Per fare questo avremmo bisogno di sgombrare la nostra mente ed il nostro cuore dalla paura, altrimenti tanto vale dichiarare la signora Le Pen capo di stato. Lei non aspetta altro.