Studio la violenza politica da circa
dieci anni; è stato l'argomento della mia tesi di dottorato, del mio
progetto di post-dottorato, di articoli e libri. Dovrei esserci
abituato. Ed invece no.
Ed invece non riesco, per fortuna, ad
abituarmi. Quando mi chiedono perché studio questo fenomeno di
solito rispondo che lo faccio perché sento il bisogno di capire.
Questa, però, è solo una parte della
verità; in realtà cerco, studiando la violenza, di esorcizzare la
mia violenza, quella che, civilizzati o meno, è dentro ognuno di
noi. Diciamo che confrontarmi con qualcosa di così assurdo, quasi
quotidianamente, mi rammenta che così assurdo non lo è affatto.
È davvero così pazzesco quello che è
accaduto a Parigi nelle ore di questa mattina? Difficile rispondere,
davvero. Si può uccidere nel nome di dio? Sì, lo facciamo da
secoli. Musulmani, cristiani, induisti, ebrei e persino alcuni
buddisti. Niente di strano, quindi, nel pensare che un gruppo armato
di natura religiosa abbia deciso di “punire” degli infedeli rei
di aver diffamato il nome del loro profeta. Del resto contro quel
giornale era stata lanciata una fatwa, una sentenza di morte da parte
dell'islam radicale. La stessa sentenza pesa sul capo dell'autore del
libro i versetti satanici e di molti altri. Tutti colpevoli di aver
insultato la fede.
Ogni giorno stragi simili, ed a volte
anche peggiori, vengono perpetrate in mezzo mondo ad opera di
estremisti religiosi.
Vi è poi qualcosa di nuovo nel pensare
che questo nemico sia stato allevato in casa? Quanti sono stati i
gruppi terroristici integralmente europei nell'ultimo mezzo secolo di
storia? Molti. Di estrema destra, di estrema sinistra, anarchici,
nazionalisti, regionalisti e via discorrendo. Abbiamo sempre avuto
bisogno di un nemico, di qualcosa di altro che definisse il noi come
contrapposizione, un qualcosa di differente che stringesse i legami
culturali tra chi è simile. Qualcosa di alieno che ci rendesse
possibile costruire un'identità.
Cosa c'è che ci fa così paura, oggi?
Ecco la paura, è proprio la paura che
dobbiamo cercare di accantonare un momento per provare a riflettere,
provare, almeno tentare, di non lasciarci andare a risposte facili
dettate dalla paura.
Credo, come ho già scritto, che le
risposte possibili si possano sommariamente riassumere in 3 punti:
- i paesi arabi non hanno vissuto la rivoluzione francese.
- Le politiche d'inclusione europee hanno fatto fiasco
- la crisi economica sta radicalizzando i poveri
Non amo gli schemi, davvero non mi
piacciono ma non sapevo come altro mettere in fila 3 linee di
ragionamento tanto complesse senza scrivere molte pagine.
Il processo di laicizzazione e
di secolarizzazione avvenuto in Europa e che ha portato ad una
separazione tra religione e stato è un percorso alieno ai paesi
arabi; semplicemente la base del diritto è e rimane il Corano. Se
noi dovessimo avere l'antico testamento come fonte principale del
nostro ordinamento penale dovremmo lapidare le adultere.
Alcune interpretazioni del Corano fanno
sì, ad esempio, che questo avvenga.
A questo si aggiunga che, anche a causa
del colonialismo occidentale, quei paesi sono luoghi di emigrazione
di massa. Emigrazione che ha interessato ed interessa almeno tre
generazioni di persone che giungevano speranzose in Europa. Un'Europa
che fino a venticinque anni fa offriva la risorsa più preziosa dopo
la pace: il lavoro.
Le politiche d'inclusione sociale
basate su di un welfare universalistico basato su percentuali
d'occupazione altissime hanno fatto sì che molti dei migranti
riuscissero, pur subendo spesso il razzismo dei cittadini europei, ad
integrarsi.
Hanno pagato le tasse, costruito
famiglie e, soprattutto, mandato i figli a scuola.
Nonostante questo, ed il fallimento
della mixitè in Francia sta li a ricordacelo, il numero di giovani
emarginati francesi è nettamente più alto tra i figli di emigrati.
E su questo scenario già non
edificante è giunta e si è aggiunta la più disastrosa crisi
economica degli ultimi cento anni.
Sono migliaiai i giovani che son
partiti negli ultimi anni per andare a ritrovare le proprie radici
culturali nei paesi da cui provenivano i loro familiari; incapaci di
sentirsi parte di un progetto di società l'hanno rifiutata; contro
una globalizzazione che esaspera il divario tra ricchi e poveri sono
andati a cercare un fattore di coesione laddove c'era. L'islam gli ha
dato questo: un'identità forte e qualcosa per cui valesse la pena
vivere e morire. Le società occidentali soffrono sotto la morsa
della globalizzazione che crea aspettative irraggiungibili per i più
mentre l'islam è una realtà coesa che permette di sentirti parte di
una comunità che pensa a te ed alla tua famiglia.
In paesi come il Pakistan o l'Iraq
ridotto in macerie dalle bombe occidentali questi giovani sono stati
ideologizzati ed addestrati. I terroristi che oggi hanno colpito la
redazione del giornale satirico parlavano francese senza particolare
accento, e la modalità e la freddezza con la quale è stato ucciso
uno dei poliziotti rimanda ad un addestramento e ad una pratica
consolidata.
Allah Akbar, dunque, è un urlo
distintivo che riassume un'identità ed un'appartenenza.
Il terrorismo si sconfigge, dunque,
risolvendo la crisi. No. E sarebbe semplicistico pensarlo soprattutto
oggi che, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, siamo nel mezzo
di uno scontro che abbiamo contribuito ad alimentare con le politiche
degli ultimi quindici anni.
Servirebbero molte altre cose, cose che
abbiamo paura di pronunciare: scuole, lavoro, diritti ed opportunità.
Almeno qui. Almeno nei nostri paesi servirebbero, forse, queste cose
per far sì che la scelta tra un'identità fanatica e religiosa ed
una laica e democratica non debba nemmeno porsi. Attenzione non credo
affatto, non sono ancora così ingenuo, che basterebbe. Non si può
dichiarare una guerra e poi decidere che le sue modalità non ci
piacciono. Dovremmo far finire la guerra, prima. E questo di per sé
sarebbe rivoluzionario. Dico solo che qui nei paesi civilizzati
dell'Europa, come ci piace pensarci, fare sì che morire in nome di
un dio qualsiasi divenga meno attraente mi pare un obiettivo minimo.
In quei paesi, forse, ci sarebbe
bisogno di rivoluzioni, vere. Non le pagliacciate finanziate
dall'estero ma una presa di coscienza della masse arabe del proprio
livello di impoverimento a causa delle borghesie dei loro e dei
nostri paesi.
Per fare questo avremmo bisogno di
sgombrare la nostra mente ed il nostro cuore dalla paura, altrimenti
tanto vale dichiarare la signora Le Pen capo di stato. Lei non
aspetta altro.