venerdì 25 novembre 2011

Parte 2...le cameriere degli aeroporti, anche chiamate hostess di terra

...ma se la terra è una specie di palla che gira nello spazio perché le chiamiamo hostess di terra? Perché non volano? Ma se l'intera umanità in qualche modo sta volando dove sta il senso di una hostess di terra? E perché hanno le gonne più lunghe e sono mediamente un poco più bassine delle hostess di cielo? Bah razzismi aerei che non comprendo. Non comprendo neppure gli altri di razzismi...oddio qualche razzismo lo capisco. Non amo i cani. E nonostante tutto loro adorano me! Chiariamoci non ho niente contro uno specifico cane...mi risulta insopportabile la razza canina nel suo essersi lasciata ammaestrare. Mi piace di più l'opportunismo felino...più vicino ad Hobbes che a Locke. Sicuramente Locke aveva un cane e si beava, nella sua antropologia positiva, della convinzione che la povera bestia gli stesse vicino per puro affetto incondizionato. Non vedeva, Locke, la dominazione che era stata socialmente iscritta nel cane. Il gatto, Hobbes sicuramente aveva un gatto...chissà forse una gatta di nome Leviathan (per chi non lo ricordasse il Leviathan è un principio femminile...), è differente. Il gatto sta con te perché gli conviene e non lo nasconde. Il gatto non è succube. Sceglie che è molto più comodo stare con te che andare a caccia. Ma almeno non lo nasconde. Forse le hostess di terra, per consolarsi di dover indossare gonne più lunghe e di rimanere senza ali...adottano i cani...le hostess dell'aria si librano leggere con gonne corte ed ammiccanti ed a casa, nei molteplici luoghi a cui non appartengono, hanno un gatto.
In fondo appartenere ad un luogo è difficile. Necessità fedeltà anche nella sofferenza. La quotidiana lotta con il confine può risultare stremante. Il cane con la sua docile fedeltà con il suo stoico attaccamento al padrone ci aiuta a rimanere intrappolati dentro un confine e ad un padrone. Ad uno solo. Anche quando questo lo tratta male lo picchia lo affama...niente lui rimane lì. Forse a volte morde. Ma non uccide e soprattutto non se ne va. Non scompare nella notte, non rompe la gabbia non cerca di reinventarsi un territorio senza confini.
Anche il gatto ha bisogno di confini ma io non sono uno zoologo od un etologo questo non è un paper scientifico e quindi mi piace descrivere un gatto immaginario ed immaginifico capace di rompere i confini territoriali...di globalizzarsi. Il gatto è globale il cane è locale. Niente da fare. Il cane nel suo localismo subisce il ricatto quotidiano. Ma rimane lì, forse, culla sogni di riformismo. Forse pensa che rimanendo e mostrando dedizione ed affetto il padrone prima o poi gli dimostrerà un segno tangibile del suo infinito amore...gli darà una qualche ricompensa. Il cane, da questo punto di vista,è coraggioso fino al limite dello stoicismo. Il gatto è un'individualista codardo. Non ingaggia lotte titaniche. Semplicemente se ne va. Si infila nel bagaglio a mano della cameriera dell'aria e sguscia via al primo scalo. Dubai? Singapore? Non gli interessa realmente. Non sentirà, l'individualista codardo, le lacrime della cameriera dell'aria che pensava di essere la sua padrona. Il gatto non ha padroni. Non ha vincoli e non ha un branco. Questa la grande differenza. Il gatto sta bene da solo. Il cane da solo muore. Ecco perché sopporta. È nella sua natura non può vivere fuori dal branco e per questo è pronto ad accettare qualsiasi ricatto qualsiasi sofferenza pur di sopravvivere pur di avere un branco anche se non è lui il capo. Non è solo. La hostess di terra non abbandonerebbe mai il suo cane ma soprattutto lui non vivrebbe senza di lei...branco territorio famiglia Stato e società...indissolubili legami con un territorio con una comunità che ti opprime fino ad ucciderti ma senza la quale il cane non può vivere. Destino crudele.
La cameriera dell'aria non ha una vera casa. Sua patria è il mondo intero. La cameriera dell'aria non ha radici vere non ha una famiglia. Ha molti amanti e nessun vero legame. L'hostess dell'aria fugge il paradigma della spazialità terrestre. Immersa nell'elemento aereo che distrugge il confine come concetto vive individualità assolute fatte di pezzi di comunità differenti alle quali partecipa ma delle quali non è partecipe. Ecco il perché della diversa lunghezza delle gonne... Elemento attrattivo primordiale le gambe delle cameriere sono più o meno coperte a seconda del ruolo sociale e spaziale da esse ricoperto. Eh la hostess di terra le copre le gambe. Le vuoi davvero vedere? Sei sicuro? Vai assedio di terra. Guerra di trincea. Stai li e conquistatelo il diritto a vederle le gambe. Ma sappi che dopo se anche uscirai vincitore dallo scontro la terra non ti perdona. Non è il mare aperto e tanto meno il cielo. La terra ha dei confini. La terra da frutti se la coltivi e la curi con costanza. La terra ti imprigiona in un paradigma stanziale che vuole attenzione e cura. La terra va difesa. La terra vuole eserciti stanziali che guardino che nessuno si infili di soppiatto sotto l'orlo della gonna che sarà anche lunga ma che prima o poi ha una fine. Perché la terra è finta. È finitudine concreta e concettuale. È poca e va conquistata. Come il diritto a guardare le gambe della hostess...
La cameriera dell'aria ha gonne corte. Vola leggera e libera. Non vede il confine lo attraversa senza accorgersene. Spazza via quelle linee fatte di sudore e sangue con la leggerezza del tuono.
Volteggia sui mari inconsapevole di antiche linee che segnavano amicizie e rancori, non si preoccupa delle tempeste che scandivano la vita in mare né delle carestie che squassavano le terre e che spingevano gli uomini come greggi impazzite a muoversi senza un senso verso terre più fertili...laddove loro, gli uomini, trovavano solo confini guardati da eserciti, orli di gonne lunghe guardati da mariti gelosi, là la cameriera dell'aria porta una ventata di frivolezza..una gonna corta che non ha bisogno di essere difesa. Una gonna corta che si offre per brevi intervalli di tempo a chiunque le piaccia. Non per scarsa virtù. Come il gatto la cameriera dell'aria fa ciò che è nella sua natura di creatura senza confine. Rifugge le regole sociali della terra perché non le appartengono. Non è anticonformismo. Si può andare contro la norma quando si vive la comunità e nella comunità che la norma l'ha, in qualunque modo, decisa. La cameriera dell'aria appartiene ad una comunità differente con norme differenti. Anzi con una quasi assenza di norme...laddove nei cieli le norme le crea un equilibrio diverso tra spazi. Ed ancora lo spazio tempo mio caro Albert, si curva si piega si avvolge su se stesso e noi ci rimaniamo schiacciati dentro e tentiamo di dare, ad ogni costo, a questo piccolo accidente quantistico un senso. Forse la gatta-cameriera dell'aria, senza regole e senza spazi comuni è il nuovo Leviathan...io per ora le guardo le gambe...in attesa di spazi collettivi di branchi e di comunità mi appoggio allo schienale dell'aereo che mi riporta a casa...una casa immaginaria ovviamente e godo del solo spettacolo che la nostra padrona dell'aere ci offre...

giovedì 24 novembre 2011

La rivoluzione e le gambe delle cameriere (1 parte)

L'idea portante è quella che ha a che fare con la storia. Ho sempre amato le storie e, di conseguenza, ho deciso di fare lo storico...non potendo fare la storia almeno la racconto. Qualcuno ha detto che chi racconta la storia la fa. Non mi ricordo chi e dato che questo non è un articolo scientifico non andrò a cercare la citazione...Ma dicevo la storia. Tutto ciò che riguarda l'umanità è storia ossia studio del passato. Eh sì perché dato che il presente è inafferrabile (Einstein) ed i futuri sono multipli e possibili (Heisenberg) non ci rimane che il passato. Un passato che si scrive e si declina al presente. Un presente che era futuro di un passato e che, di conseguenza è presente a noi ma non a se stesso perché potrebbe essere multiplo senza renderci schizofrenici...forse...in tutto questo mentre aspetto in questo eterno presente che sembra non avere fine mi interrogavo sulla mancanza di prospettive future. Perché dovrebbe averne? Come è possibile in un mondo di futuri possibili pensare ad una prospettiva unica? Non lo è. Questo è vero in realtà anche per il passato. Se applichiamo la quantistica ed il concetto di spazio tempo (sempre il buon Albert) al passato fare gli storici non ha senso. Ho meglio non ce l'ha se vuoi fare lo storico lineare. Lo spazio tempo si può curvare ma in quanto curvatura lo spazio tempo non conosce prima e dopo. Quindi fai la storia di che? Per questo motivo la storia, per assurdo, è scienza del futuribile...quindi la storia scrivendo di passati possibili pre-invera scenari possibili di futuro ma se proviamo a giocare un poco con l'equazione d'onda e con il paradosso del gatto si Schroedinger se Paul Kennedy avesse scritto un finale differente del suo Ascesa e Declino delle grandi potenze nell'oramai lontano 1987 forse gli USA sarebbero crollati e l'URSS avrebbe vinto la guerra fredda...
Tutto questo non mi porterà molto lontano forse solo più vicino al prossimo reparto di psichiatria ma facciamo finta di tornare alla sola piega spazio temporale di cui abbiamo conoscenza e, blandamente, coscienza. L'unica cosa che l'applicazione della fisica quantistica applicata alla storia umana ci dice è che la storia non ha un verso. Sembra una cosa banale l'hanno già detto altri, poi fatico sempre a ricordare chi, ma comunque la storia umana, intesa come susseguirsi di eventi sociali, non ha un verso. Basta con i marxismi di stampo cattolico aristotelico platonici...non andiamo verso alcun futuro radioso...non andiamo cioè ci muoviamo questo è sicuro non nego le dinamiche ma che queste abbiano una direzione che sia possibile vettorializzarle questa è pura fantascienza. Quindi assodato che non vi è una direzione bisogna un attimo de-costruire qualche millennio di cultura occidentale che si è cullata nella pia illusione di andare da qualche parte...se la buttiamo in politica poi progressismo e conservatorismo sono concetti che sfiorano le favole per bambini...non che giustizia sociale e difesa del privilegio non abbiano senso ce lo hanno eccome, anzi, in un presente storico privo di direzioni ne hanno più di prima. Col cavolo che aspetto la salvezza di dio o il momento del collasso del capitalismo per spingere l'umanità verso il suo fine di costruzione della città di dio in terra o peggio ancora della sua scalata ad un cielo dal soffitto basso.
Eh no. Vogliamo il pane ed anche le rose. Qui e subito per quanto questo subito possa avere un senso. Diciamo che il messianesimo è un poco datato..anche quello marxista. Povero Marx secondo me lui mica voleva fare tutto sto casino...non so perché ma ultimamente me lo immagino seduto in un pub londinese a scrutare le gambe delle cameriere, sempre troppo coperte ai suoi tempi, ed a pensare a futuri possibili dove le cameriere portano minigonne e, quindi, le gambe le puoi vedere liberamente, dove la birra è a buon mercato dove un pasto caldo non si rifiuta a nessuno e si può amabilmente corteggiare la suddetta cameriera senza rischiare che questa si aspetti anelli di fidanzamento. Che poi magari l'anello di fidanzamento lo doneresti anche volentieri alla suddetta cameriera...ma anche a molte altre...parrucchiere, filosofe, astronaute..chi se ne frega... Comunque il buon Karl ultimamente me lo immagino sempre più umano e sempre meno preso con la rivoluzione. Sempre più impegnato a sbarcare il lunario che non a teorizzare..o ancora meglio a teorizzare pur di sbarcare il lunario. Mah sarà che lo faccio anche io che sono sicuramente più scemo di Marx quindi perché lui no? E mi piacciono le gambe delle cameriere. Chi lo sa se la cameriera che mi sta servendo un caffè orribile, come tutti i caffè in Spagna, saprà che la storia umana non ha una direzione? E si sarà accorta che le guardavo le gambe? Non credo. Sono sicuro di essere stato discreto. Che vuol dire, secondo il principio di esclusione di Pauli lei sicuramente lo aveva capito da tempo che la storia umana non ha una direzione. Ripeto non che sia statica semplicemente dobbiamo toglierci dalla testa che vada da qualche parte. Liberarci del finalismo potrebbe essere un fine...o una sorta di meta fine. Se ci riuscissimo potremmo addirittura pensare che questo futuribile passato che chiamiamo presente abbia un senso. Potremmo addirittura provare a dargli un ordine. Non perché ce ne sia davvero bisogno, il chaos in fondo lo chiamiamo teoria..più di così, ma perché in fondo ci aiuta. Ci fa avere meno paura. Sì perché poi aveva ragione Hobbes non c'è niente da fare. Il mio vicino lo detesto ed è vicino perché insieme ci difendiamo meglio da colui che è lontano. E perché ci sta lontano? Avrà forse qualcosa da nascondere? Sarà dunque pericoloso...oddio vicino stammi più vicino colui che era lontano si sta avvicinando ed io mi sento minacciato...ok vicino colui che era lontano si è allontanato dopo essersi avvicinato ed ora scopro, o mio vicino, che scrutandoti così da vicino...non mi piaci per niente...quasi quasi ti uccido. Così potrò seppellirti qui vicino.

romanticismi

ebbene sì a modo mio ma sono romantico. Io lo sostengo da sempre ma non so perché questa mia affermazione ha sempre riscosso scarso successo. Anche tra le persone che mi conoscono bene sono davvero poche, forse nessuna, quelle che userebbe questo aggettivo un po' desueto per descrivermi. Eppure io mi ci sento e testardamente, la testardaggine è invece un difetto unanimemente riconosciutomi da chiunque, continuo a pensarmi come un uomo romantico. Non mi vedrete mai sciogliermi in lacrime per un film o per una canzone, non porto i fiori alle donne, nemmeno a quelle che amo, non mi è mai passato per la testa,almeno da quando ho raggiunto l'età della ragione, di mettermi a scrivere poesie o ballate in nome di disperati ed impossibile amori perduti o ritrovati... cerco di essere un amico presente e cerco di dare alla mia presenza una certa fattività...no la pacca sulla spalla no...e nemmeno le coccole...hai un problema e vieni da me? Ok allora accetti che io ti aiuti a risolverlo o ancora meglio per entrambi te lo risolvo io e tu statti zitto che mi distrai dalla missione che mi hai affidato! Non c'è niente da fare sono rimasto un soldatino...nell'anima. Un piccolo gesuita della rivoluzione socialista come avrebbe detto Schmitt parto alla riscossa ho quasi 40 anni ed ancora parto alla riscossa per qualsiasi causa mi sembri giusta...a costo di accorgermi dopo innumerevoli sbattimenti che tanto giusta non era...Però mi piace mi fa sentire, a mio modo, romantico. Cos'è infatti il romanticismo in fondo? Oddio lo sconquasso e la tempesta...si traduceva così mi pare lo sturm und drang... cioè il sentirsi investiti profondamente da un sentimento che ti travolge e ti domina...oddio ecco io magari non tocco quelle vette di alienazione idealistica hegeliana che mi paiono disumanizzanti ma vivo dei sentimenti. Ecco rivendico la presenza di una mia parte sentimentale. Che poi questa si articoli attraverso percorsi tutti suoi, questo è un problema diverso..anzi essendo la mia parte sentimentale oserei dire che sono affari miei. Sì perché la tempesta, lo sturm, ognuno se la sceglie o, forse, non se la sceglie nessuno e te la ritrovi..ti ci ritrovi catapultato dentro. Fa parte di te ancor prima che tu ti renda conto che c'è. Fa parte della tua storia di quello che intimamente sei.
Ero seduto ad una conferenza. Tre giorni di conferenza sul fascismo ed il neofascismo...in particolare sulla Falange spagnola...a Zaragoza. Non una brutta città ma per intenderci nemmeno un posto in cui sarei venuto senza un impegno di qualche tipo...3 giorni di parole, relazioni sociali pseudo obbligate ed alcuni sprazzi di allegria vera perché con gli spagnoli in un modo od in un altro si finisce sempre ad ingurgitare immense quantità di alcolici...anche con gli sconosciuti ma questo è un altro post...Alle 8 di sera alla fine del 2 giorno sei stremato. L'oceano di parole in una lingua che comunque non è la tua in un aula dall'acustica oscena e distrutto dai fumi della sera precedente, non ti ricordi più nemmeno come ti chiami.
Eri li seduta e tremavi. Leggevi la presentazione che avevo davanti e le tue mani tremavano. Ho alzato lo sguardo da quello che stavo leggendo perché il tuo accento basco suonava particolarmente fastidioso e pensavo che quello di cui stavi parlando fosse di una banalità tale da poter urtare qusi tutto il mio essere...poi ti ho guardata. Giovanissima. Magra, direi quasi ossuta, nervosa. Eri emozionata...il mio amico Pablo, da tutti riconosciuto come uomo romantico e sensibile, mi dice che è evidente..sei alla tua prima conferenza...sei nervosa capita a tutti di avere paura alla prima presentazione..ed a me vengono in mente le prime volte che ho parlato in pubblico...una paura indicibile ma anche un poco di arroganza data dal mio incurabile egocentrismo istrionico...ti ascolto ti guardo, incrocio lo sguardo del moderatore che dovrebbe dirti che stai sforando con il tempo e lo gelo...su non metterti a fare il cretino tieni a freno la smania di potere o esercitala in un altro momento...poi mi volto alla mia destra ci sono due persone...mezza età...vestiti semplici, tesissimi, lui quasi suda, lei ti guarda fiera...mamma e papà. Sono venuti a sentirti ad accompagnarti. Forse nei tempi che ci siamo abituati a vivere saremmo portati a pensare, così in prima battuta, che la loro presenza fosse inadeguata che sei una persona adulta e non hai bisogno del supporto dei tuoi genitori...però non eri sola. Avevi paura, come tutti noi, e non eri sola. Loro erano contenti e fieri. Conosco quei visi. Classe operaia. La figlia che per la prima volta presenta il suo progetto di dottorato ad una conferenza importante. Ecco ti pensavo stanotte mentre tornavo in albergo. E mi piace pensare ai complimenti che ti avrà fatto tua madre, ai silenzi di tuo padre mentre guida verso casa quei silenzi tipici dei padri che non te lo dicono mai che sei stato bravo perché loro che hanno lavorato tutta la vita non ti possono trattare troppo bene..ma lo fanno per te...però tu non lo hai visto, e forse non lo vedrai mia, stringersi le mani forte per l'emozione mentre parlavi..tu tremavi dalla paura e lui che avrebbe fatto di tutto per aiutarti, per sollevare quel peso dalle tue spalle...e forse stremata dalla fatica della presentazione non hai visto come applaudivano quelle stesse mani alla fine...
Ti pensavo stanotte mentre tornavo in albergo. Domani presenterò il mio articolo. So già che è piaciuto, ma per circa 5 secondi prima di cominciare a parlare mentre accenderò il microfono avrò un poco di paura...