martedì 26 febbraio 2013

minoranze minorate...





Allora la sinistra italiana ha perso le elezioni. Se vogliamo possiamo dire che non le ha vinte. Certo fa meno male dirlo così ma la verità è che le ha proprio perse. Adesso ci si arrampica sugli specchi, non si sa che dire, si cerca di prefigurarsi scenari...possibili ed improbabili. Il PDL perde voti, la Lega non parliamone, la sinistra radicale, in tutte le sue salse, rimane confinata ad una mera testimonianza senza alcun peso. Stamattina ho telefonato ad una specie di amico che per riservatezza chiameremo Franco. Ecco lui nel 1969 era alla nero fumo della Pirelli, organizzava gli scioperi, anche e soprattutto quelli duri, quelli in cui non si andava giù con la ciniglia per dirla in gergo. Poi la scelta della lotta armata, la Brigate Rosse, i fazzoletti rossi alla FIAT fino al rapimento Sossi, all'arresto ed alla galera. 30 anni in tutto. Oggi in preda allo sconforto per le elezioni l'ho chiamato con il mio tono arrogantello da piccolo quadro della sinistra, quale sono stato secoli fa prima di diventare solo uno storico, e gli ho scaricato addosso, nemmeno tanto velatamente, la mia frustrazione. Lui mi ha ascoltato paziente per qualche minuto e poi è giustamente sbottato: “ohy nanin guarda che noi almeno cos'era la classe operaia lo sapevamo! Poi avremo anche fatto le nostre cagate ma con una coscienza!” Seguiva rosario di bestemmie di entrambi...
Eh già la coscienza. Quella politica, quella sociale, tutte mediate irrimediabilmente da una cultura possibilmente condivisa. Ecco credo che sia soprattutto una sconfitta culturale della sinistra italiana quella a cui siamo di fronte. Il voto, si dice da più parti, è un voto di protesta. Un voto contro le misure di austerity che hanno messo in ginocchio le economie del sud Europa negli ultimi 5 anni. Grillo da un lato ed Berlusconi dall'altro hanno conquistato, il primo, e recuperato, il secondo, un considerevole numero di voti proprio facendo leva su questi temi. Intendiamoci il partito di Berlusconi perde una marea di voti, la Lega Nord quasi dimezza, Lombardia a parte dove la partita regionale ha sicuramente influito. Il PD e la coalizione di centro sinistra in generale hanno guadagnato qualche voto a livello nazionale ma molti ne hanno perso, sempre a beneficio di Grillo, nelle regioni rosse. 
Come a dire che anche un elettorato storicamente disciplinato si concede, laddove sa che la vittoria non è in discussione, di esprimere una protesta. Di mettere in dubbio un'appartenenza politica e culturale, in una parola una coscienza. Coscienza vuol dire sapere insieme. In psicologia, ed anche in alcune correnti filosofiche, vuol dire che entrambi i lati del nostro cervello, quello razionale e quello emotivo, si trovano in sintonia. Da qui coscienza di classe, nelle sue diverse accezioni, sociale, civile e quant'altro. Sapere insieme è comunque alla base di tutte queste declinazioni possibili. Ed io credo che stia alla base della sconfitta della sinistra a queste elezioni. Ma non solo a queste. Presumibilmente, a meno di non invertire il trend, anche delle prossime. Perché la sinistra radicale è praticamente sparita dal quadro politico italiano? Perché quella social liberale arranca? Perché non sappiamo più nemmeno cosa sapere ed in questa tenebra d'ignoranza non siamo in grado di stare insieme a nessuno. Siamo divenuti monadi chiuse nell'asfittico orizzonte del presente. Provo a spiegarmi. L'intera struttura politica della classe operaia era basata su questo semplice aggettivo: operaia. Vi era una determinante sociale che faceva da collante e da sostrato comune ad una molteplicità di articolazioni del pensiero che avevano, però, un minimo comun denominatore. Quel minimo comun denominatore, l'appartenenza di classe, era una sapere insieme. Entrambi i lati del cervello erano in grado di comprendere e quindi di esprimere questa coscienza che era non solo sociale ma anche singola, di tutti perché di ognuno. Ora va da sé che questa coscienza produceva forme tutto sommato comuni, al di là dei confini nazionali, di organizzazione. Se il dato centrale, se la determinante sociale, era il modello di produzione la struttura che si doveva/poteva mettere in campo per sconfiggere l'avversario era più o meno universalmente riconosciuta: il sindacato ed il partito. Un partito che era allo stesso tempo coscienza collettiva e strumento di costruzione dell'azione. Oggi a fronte delle modificazioni radicali nella composizione interna del capitale non è, forse, riproponibile lo stesso modello di organizzazione. Ma insieme al collasso delle forme non si è, ovviamente oserei dire, riusciti a tenere insieme le coscienze. Non si sa più insieme. Senza conoscenza qualsiasi azione di contrapposizione è possibile, nessun programma è realizzabile, nessun futuro è immaginabile. Resta la sola desertica gestione di un continuo presente.
Il capitale è riuscito a ribaltare sia la previsione marxiana che quella operaista: ha concentrato se stesso disperdendo i lavoratori. Siamo, quindi, monadi perché non sappiamo mettere in relazione le nostre conoscenze, prime fra tutte quelle sulla struttura del capitale e sulla sua composizione, intrappolate nel presente perché svuotati di questa coscienza abbiamo perso capacità programmatica. Laddove per programmatica bisogna intendere agonistica. E questo, credo, sia il secondo punto. La sinistra ha perso l'agonismo. Senza un'ideologia strutturata che nasca non solo dall'analisi della fase dello sviluppo delle forze produttive ma anche da una riflessione profonda su una possibile e differente organizzazione di queste ultime qualsiasi programma, come dicevamo, rimane monco. La mancanza di agonismo in politica, e su questo accetto le più severe e profonde critiche, distrugge la politica stessa. Insomma non vi è politica senza nemico. I populismi, di qualsiasi natura essi siano, si basano su questo semplice assioma. Forniscono un nemico da combattere sia esso l'immigrato o la casta. Attenzione non sto suggerendo una sinistra populista, sto interrogandomi sul successo di Grillo e sul fatto che quel tipo di cultura abbia sfondato anche a sinistra proprio nel momento storico in cui la sinistra ha abbandonato anche solo la delineazione teorica e pratica del nemico. Non credo si possa ricostituire sic et simpliciter un partito della sinistra di classe oggi. Per il semplice motivo che non conosciamo la classe. Né la nostra né tanto meno quella dominante. Allo stesso tempo questa conoscenza non avviene in maniera accademica ma solo dentro la contrapposizione sociale e le mobilitazioni. Ma chi si mobilita oggi non avendo strumenti analitici di alcun tipo, intendiamoci non per colpa loro ma perché nessuno è in grado di fornire alcuna lettura, rischia di mobilitarsi con delle modalità che potrebbero risultare altrettanto populiste. Per intenderci, come diceva saggiamente un amico a pranzo, se nel prossimo autunno dovessero esserci mobilitazioni sociali per via della non risolta crisi economica sarebbe, nel migliore dei casi, il movimento populista di Grillo ad avvantaggiarsene. Non ho ricette oggi. Non credo le avrò neppure domani. Non so come si fa ma mi rifiuto di pensare che il paese sia irrimediabilmente caduto in preda ad una follia para-fascista di massa. Certo è già accaduto ed io, non avendo una visione progressiva della storia, posso anche mettere in conto che possa accadere ancora. Nel frattempo avremmo sei mesi di tempo durante i quali assisteremo ad una confusione inimmaginabile dalla quale tenteranno di trarre profitto le classi dirigenti, gli speculatori e furbetti di ogni risma. Non è scontato che Berlusconi si metta a far campagna acquisti tra i grillini, così come non è scontato che il giochetto gli riesca. Bersani, forse, tenterà un governo di minoranza. Questo leggevo qualche minuto fa sui quotidiani. Un governo di minoranza mi sembra una formula adatta per una fase del genere. Saremo, probabilmente, rimessi al centro della speculazione finanziaria straniera e nostrana al fine di sopprimere gli ultimi diritti sociali rimasti, una sinistra di minoranza e minorata nella sua ontologia non credo possa rappresentare alcun argine a questo processo. Ah e se vi state chiedendo, legittimamente, ma te che fai in tutto questo? Nulla, mi godo la mia inutilità sociale e politica.

martedì 5 febbraio 2013

come un orso in una gabbia



Sì a volte mi sento un orso in una gabbia. Quello da far guardare ai bambini. L'esempio di come l'uomo ha ammaestrato la natura. Oggi siamo di fronte ad una nuova, e potenzialmente esplosiva, questione di classe e, come sempre, ad un acuirsi della mai risolta questione meridionale. Io sono meridionale e la mia famiglia è senza dubbio alcuno una famiglia di immigrati poveri. Eppure, oggi, dopo anni di studi e di vagabondaggi, io faccio il ricercatore all'Università. Ho dovuto emigrare anche io perché il sistema formativo del paese è stato raso al suolo. Eppure mi sono in qualche modo “elevato” rispetto alla mia condizione sociale di partenza. Per intenderci in Italia i figli di operai non scolarizzati che raggiungono la laurea rappresentano circa il 2 % degli iscritti. Quest'anno gli iscritti diminuiscono e non diminuiscono in modo omogeneo, l'omogeneità non esiste, ma i numeri ci dicono che il tasso di abbandono del percorso formativo è più alto tra chi arriva dalle scuole tecniche, da un punto di vista sociale, e dal sud Italia dal punto di vista geografico. Ecco, l'articolista non ci dice che spesso questi due indicatori si sovrappongono. Sei povero, vieni da un'area povera, ti iscrivi ad un professionale o ad un tecnico perché la prospettiva di lunga durata di una formazione liceale ti spaventa...ed, infatti oggi, la rimani. Alla ricerca di un impiego dequalificato perché l'università costa troppo perché i costi di un figlio fuori sede sono enormi. Perché in fondo chi se ne frega di prendere la laurea...tanto il lavoro non c'è. Quindi tanto vale restare disoccupato e con poca cultura che avere una vasta conoscenza delle ragioni della tua disoccupazione. Che poi capirlo mica ti aiuta a non essere più disoccupato, quindi, tanto vale andare a fare il cameriere con il diploma che con la laurea. Senza dimenticare che se sei al sud d'estate puoi fare lo stagionale e d'inverno qualche lavoretto per il “signore” del paese lo rimedi sempre. E si sa che i signori del Sud la letteratura comparata non l'hanno mai amata tanto. Vi è stato un momento in cui avevano bisogno di avvocati che li mettessero al riparo dalle patrie galere o di commercialisti che mettessero al sicuro i loro patrimoni. Oggi si candidano in parlamento fanno i condoni tombali, cambiano le leggi e via. Vuoi mettere quanti soldi risparmiati?
Mi sembrano passati secoli dal mio esame di 3 media. Avevo la febbre alta quel giorno. Mia madre mi accompagnò intabarrato come se stessi partendo per il fronte sul Volga. Alla fine dell'esame i miei professori di allora consigliarono ai miei genitori di iscrivermi al liceo. Mamma piena d'orgoglio...papà che mi guarda scettico e pensoso. Il liceo? E che se ne fa del liceo chiede ad una segaligna docente di lettere ex militante di Lotta Continua. Quella lo guarda con uno sguardo che allora mi diede un fastidio epidermico e che ho imparato a riconoscere, e ad odiare, negli anni, e gli risponde: beh la cultura è cibo per la mente. Mio padre, che ha sempre dovuto combattere per mettere in tavola il cibo per la pancia la guardò un po' confuso ma alla fine si fece convincere dall'entusiasmo di mia madre a cui, forse, non pareva vero di avere un figlio al liceo. Papà fino all'ultimo mi chiese se non avessi preferito diventare perito. Perito. Quanta storia e quanto orgoglio operaio in questa parola. Mi diceva diventa perito informatico..poi vedrai. Avessi fatto l'idraulico sarei senz'altro più ricco. Il resto è storia, personale, politica e di grandi botte di fortuna. Ecco sì, perché in realtà quasi tutto si riduce a quello. Sono stato sfacciatamente fortunato. Papà ha ceduto, ho incontrato persone molto più intelligenti di me che mi hanno spinto a leggere ed a cercare di capire. Una sola cosa non va via..come un tatuaggio. Io sono povero. Lo sguardo di quella professoressa di lettere della periferia di Milano che guarda mio padre...lo sguardo di alcuni colleghi che mi additano come l'orso in gabbia..come l'esempio che la scalata sociale è possibile ed il mio senso di estraneità ad entrambi i mondi che, a volte, mi fa quasi piacere la gabbia..me la fa quasi desiderare. Poi, però, mi rendo conto che quella è una gabbia. A questo se non altro è servito leggere tutte quelle fesserie...a rendermi conto che sono un orso in gabbia. Gioco con la palla, faccio lo slalom tra i birilli su una biciclettina scintillante in cambio di un favo di miele. Però riconosco la gabbia come tale, i birilli vorrei spaccarveli in testa e la bicicletta vorrei mi portasse via. Se non avessi studiato almeno un poco non ci riuscirei. Sì perché in assenza di istanze politiche che si accostino con rinnovato spirito anche pedagogico ai poveri..quelli accetteranno sempre la loro condizione come naturale. Intendiamoci un povero rimane povero per sempre, lo vedi da molte piccole cose. Avete mai visto come un povero si rimira quando mette un vestito un poco meno dozzinale del solito? Avete mai visto un povero lasciare del buon cibo nel piatto? Se sei povero lo rimani..averne coscienza è, però, il piccolo, enorme passo che ti separa dalla consapevolezza della gabbia.