Allora la sinistra
italiana ha perso le elezioni. Se vogliamo possiamo dire che non le
ha vinte. Certo fa meno male dirlo così ma la verità è che le ha
proprio perse. Adesso ci si arrampica sugli specchi, non si sa che
dire, si cerca di prefigurarsi scenari...possibili ed improbabili. Il
PDL perde voti, la Lega non parliamone, la sinistra radicale, in
tutte le sue salse, rimane confinata ad una mera testimonianza senza
alcun peso. Stamattina ho telefonato ad una specie di amico che per
riservatezza chiameremo Franco. Ecco lui nel 1969 era alla nero
fumo della Pirelli, organizzava gli scioperi, anche e soprattutto
quelli duri, quelli in cui non si andava giù con la ciniglia per
dirla in gergo. Poi la scelta della lotta armata, la Brigate Rosse, i
fazzoletti rossi alla FIAT fino al rapimento Sossi, all'arresto ed
alla galera. 30 anni in tutto. Oggi in preda allo sconforto per le
elezioni l'ho chiamato con il mio tono arrogantello da piccolo quadro
della sinistra, quale sono stato secoli fa prima di diventare solo
uno storico, e gli ho scaricato addosso, nemmeno tanto velatamente,
la mia frustrazione. Lui mi ha ascoltato paziente per qualche minuto
e poi è giustamente sbottato: “ohy nanin guarda che noi almeno
cos'era la classe operaia lo sapevamo! Poi avremo anche fatto le
nostre cagate ma con una coscienza!” Seguiva rosario di bestemmie
di entrambi...
Eh già la coscienza.
Quella politica, quella sociale, tutte mediate irrimediabilmente da
una cultura possibilmente condivisa. Ecco credo che sia soprattutto
una sconfitta culturale della sinistra italiana quella a cui siamo di
fronte. Il voto, si dice da più parti, è un voto di protesta. Un
voto contro le misure di austerity che
hanno messo in ginocchio le economie del sud Europa negli ultimi 5
anni. Grillo da un lato ed Berlusconi dall'altro hanno conquistato,
il primo, e recuperato, il secondo, un considerevole numero di voti
proprio facendo leva su questi temi. Intendiamoci il partito di
Berlusconi perde una marea di voti, la Lega Nord quasi dimezza, Lombardia a parte dove la partita regionale ha sicuramente
influito. Il PD e la coalizione di centro sinistra in generale hanno
guadagnato qualche voto a livello nazionale ma molti ne hanno perso,
sempre a beneficio di Grillo, nelle regioni rosse.
Come a dire che
anche un elettorato storicamente disciplinato si concede, laddove sa
che la vittoria non è in discussione, di esprimere una protesta. Di
mettere in dubbio un'appartenenza politica e culturale, in una parola
una coscienza. Coscienza vuol dire sapere insieme. In psicologia, ed
anche in alcune correnti filosofiche, vuol dire che entrambi i lati
del nostro cervello, quello razionale e quello emotivo, si trovano in
sintonia. Da qui coscienza di classe, nelle sue diverse accezioni,
sociale, civile e quant'altro. Sapere insieme è comunque alla base
di tutte queste declinazioni possibili. Ed io credo che stia alla
base della sconfitta della sinistra a queste elezioni. Ma non solo a
queste. Presumibilmente, a meno di non invertire il trend, anche delle
prossime. Perché la sinistra radicale è praticamente sparita dal
quadro politico italiano? Perché quella social liberale arranca?
Perché non sappiamo più nemmeno cosa sapere ed in questa tenebra
d'ignoranza non siamo in grado di stare insieme a nessuno. Siamo
divenuti monadi chiuse nell'asfittico orizzonte del presente. Provo a
spiegarmi. L'intera struttura politica della classe operaia era
basata su questo semplice aggettivo: operaia. Vi era una determinante
sociale che faceva da collante e da sostrato comune ad una
molteplicità di articolazioni del pensiero che avevano, però, un
minimo comun denominatore. Quel minimo comun denominatore,
l'appartenenza di classe, era una sapere insieme. Entrambi i lati del
cervello erano in grado di comprendere e quindi di esprimere questa
coscienza che era non solo sociale ma anche singola, di tutti perché
di ognuno. Ora va da sé che questa coscienza produceva forme tutto
sommato comuni, al di là dei confini nazionali, di organizzazione.
Se il dato centrale, se la determinante sociale, era il modello di
produzione la struttura che si doveva/poteva mettere in campo per
sconfiggere l'avversario era più o meno universalmente riconosciuta:
il sindacato ed il partito. Un partito che era allo stesso tempo
coscienza collettiva e strumento di costruzione dell'azione. Oggi a
fronte delle modificazioni radicali nella composizione interna del
capitale non è, forse, riproponibile lo stesso modello di
organizzazione. Ma insieme al collasso delle forme non si è,
ovviamente oserei dire, riusciti a tenere insieme le coscienze. Non
si sa più insieme. Senza conoscenza qualsiasi azione di
contrapposizione è possibile, nessun programma è realizzabile,
nessun futuro è immaginabile. Resta la sola desertica gestione di un
continuo presente.
Il
capitale è riuscito a ribaltare sia la previsione marxiana che
quella operaista: ha concentrato se stesso disperdendo i lavoratori.
Siamo, quindi, monadi perché non sappiamo mettere in relazione le
nostre conoscenze, prime fra tutte quelle sulla struttura del
capitale e sulla sua composizione, intrappolate nel presente perché
svuotati di questa coscienza abbiamo perso capacità programmatica.
Laddove per programmatica bisogna intendere agonistica. E questo,
credo, sia il secondo punto. La sinistra ha perso l'agonismo. Senza
un'ideologia strutturata che nasca non solo dall'analisi della fase
dello sviluppo delle forze produttive ma anche da una riflessione
profonda su una possibile e differente organizzazione di queste
ultime qualsiasi programma, come dicevamo, rimane monco. La mancanza
di agonismo in politica, e su questo accetto le più severe e
profonde critiche, distrugge la politica stessa. Insomma non vi è
politica senza nemico. I populismi, di qualsiasi natura essi siano,
si basano su questo semplice assioma. Forniscono un nemico da
combattere sia esso l'immigrato o la casta. Attenzione non sto
suggerendo una sinistra populista, sto interrogandomi sul successo di
Grillo e sul fatto che quel tipo di cultura abbia sfondato anche a
sinistra proprio nel momento storico in cui la sinistra ha
abbandonato anche solo la delineazione teorica e pratica del nemico.
Non credo si possa ricostituire sic et
simpliciter un partito della sinistra
di classe oggi. Per il semplice motivo che non conosciamo la classe.
Né la nostra né tanto meno quella dominante. Allo stesso tempo
questa conoscenza non avviene in maniera accademica ma solo dentro la
contrapposizione sociale e le mobilitazioni. Ma chi si mobilita oggi
non avendo strumenti analitici di alcun tipo, intendiamoci non per
colpa loro ma perché nessuno è in grado di fornire alcuna lettura,
rischia di mobilitarsi con delle modalità che potrebbero risultare altrettanto populiste. Per intenderci, come diceva saggiamente un
amico a pranzo, se nel prossimo autunno dovessero esserci
mobilitazioni sociali per via della non risolta crisi economica
sarebbe, nel migliore dei casi, il movimento populista di Grillo ad
avvantaggiarsene. Non ho ricette oggi. Non credo le avrò neppure
domani. Non so come si fa ma mi rifiuto di pensare che il paese sia
irrimediabilmente caduto in preda ad una follia para-fascista di
massa. Certo è già accaduto ed io, non avendo una visione
progressiva della storia, posso anche mettere in conto che possa
accadere ancora. Nel frattempo avremmo sei mesi di tempo durante i
quali assisteremo ad una confusione inimmaginabile dalla quale
tenteranno di trarre profitto le classi dirigenti, gli speculatori e
furbetti di ogni risma. Non è scontato che Berlusconi si metta a far
campagna acquisti tra i grillini, così come non è scontato che il
giochetto gli riesca. Bersani, forse, tenterà un governo di
minoranza. Questo leggevo qualche minuto fa sui quotidiani. Un
governo di minoranza mi sembra una formula adatta per una fase del
genere. Saremo, probabilmente, rimessi al centro della speculazione
finanziaria straniera e nostrana al fine di sopprimere gli ultimi
diritti sociali rimasti, una sinistra di minoranza e minorata nella
sua ontologia non credo possa rappresentare alcun argine a questo
processo. Ah e se vi state chiedendo, legittimamente, ma te che fai
in tutto questo? Nulla, mi godo la mia inutilità sociale e politica.