domenica 21 aprile 2013

L'anomalia italiana


Il PD è morto, viva il PD.

Non sono un elettore del PD. Men che meno un suo militante. Nonostante questo assistere allo sfascio del principale, ed ultimo, partito di massa italiano mi rende triste. La retorica del tanto peggio tanto meglio non mi ha mai convinto. Non c'è da gioire quindi. Partiamo da qui. Chiunque gioisca per l'ingloriosa fine del PD, soprattutto quelli che credono di farlo “da sinistra” stanno prestandosi ad un gioco molto pericoloso. Le prossime elezioni, forse in estate, vedranno lo scontro tra Berlusconi e Grillo. Cioè, a mio parere, di due destre. Una, quella berlusconiana antica, protezionista, antistorica ed anti-moderna mentre l'altra composta da una commistione tra idee socialisteggianti, culto del capo e sapiente utilizzo dei mezzi di comunicazione, francamente qualcosa di già visto. Come scriveva alcuni mesi fa un caro amico: siam passati dal “me ne frego” al “vaffanculo”.
Nel corso di questo ventennio caratterizzato dalla invadenza del centro destra italiano abbiamo più volte sentito parlare di Berlusconi come dell'anomalia italiana. Forse abbiamo sbagliato. Il fatto che un magnate dell'editoria sotto processo per qualsivoglia reato, finanziario, sessuale ed altro divenga più volte presidente del consiglio di un paese occidentale è di per sé un problema sia chiaro. Ma, forse, l'anomalia vera del sistema politico italiano è stato il PD. E sia chiaro, sebbene sia semplice farlo oggi, alcuni di noi lo dicono da sempre. L'idea che le alchimie elettorali o tecniche cambino le culture politiche di un popolo è, non solo sciocco ma mi spingo a dire completamente idealistico. Un sogno dirigista che in Italia non è riuscito di realizzare neppure al fascismo. L'idea che attraverso l'introduzione di sistemi elettorali più o meno maggioritari il PD sarebbe divenuto maggioritario nel paese grazie ad un artificio aritmetico, dimostra la pochezza della classe dirigente della sinistra italiana. L'egemonia culturale, sociale e politica si conquista ancora sul campo. Se imbrogli prima o poi perdi. In fondo non è nemmeno brutta come lezione storica. Ed il PD è stato un imbroglio. Un imbroglio culturale e politico nel quale gli italiani non sono caduti. E sia chiaro non ci sono caduti mai, neppure quando l'Ulivo faceva finta di vincere le elezioni. L'Italia è un paese di destra, bigotto, arretrato e zeppo di pregiudizi provinciali. Fondamentalmente un paese intriso di ipocrisia cattolica.
Questo i dirigenti del PDS lo sapevano. Lo sanno anche oggi. Ed allora hanno tentato il colpo gobbo. Un incontro spurio, un abbraccio mortale tra culture incompatibili: socialismo riformista e moderatismo cattolico. Nel resto d'Europa questa cosa non accade. Mi spingo a dire di più non accade neppure nei paesi a maggioranza islamica. I laici ed i religiosi non li mischi, Sono come l'acqua e l'olio: si repellono naturalmente. Avrai dell'acqua con una patina d'olio sopra, ma non c'è mescola possibile. Per anni ci hanno raccontato che, in fondo erano solo i temi bio-etici a separarci. Avessero detto poco! Come se la visione della vita, morte compresa, e dei diritti fosse scindibile dalla tua idea di società, di come e perché gli uomini si associano e cercano di vivere insieme. No mi dispiace le due cose non sono compatibili. Il che non vuol dire che si debba vivere in una guerra civile costante. I laici socialisti francesi non abbandonano il paese in massa se vince la destra. Ma il PD ha scelto la strada breve. La scorciatoia. Attraverso un sistema elettorale sconosciuto alla cultura politica del paese ha cercato di vincere. Niente di male nel voler vincere. Solo che ha perso, ed ha perso ripetutamente e ad ogni sconfitta ha acuito la sua rincorsa verso il centro moderato e conservatore invece che porre in dubbio la sua propria strategia e quindi la sua natura.
Attenzione non sto sostenendo che non ci deve essere spazio per i cattolici nel PD. Anzi. Ma a patto che siano i cattolici a venire nel partito accettando di lasciare il proprio credo religioso fuori dalla porta e di relegarlo a vita privata. A patto cioè di sposare genuinamente un programma politico e culturale che ha alcuni punti che sono incompatibili con il credo religioso cui appartengono. Non voglio i cosacchi che abbeverano i cavalli in Piazza San Pietro, non voglio trasformare le chiese in granai. Ma solo ribadire che il socialismo, anche quello riformista, è un'altra cosa. Allora o vinci basandoti sulla tua identità, perché sei in grado di farla diventare identità collettiva prima ed egemone poi, oppure perderai sempre. Il problema è che il PD non ha un'identità. Ha scelto pervicacemente fin dai tempi del PDS di non averla, di scioglierla. Il belletto dell'abbraccio con i cattolici non solo non ha funzionato elettoralmente ma si è rivelato devastante da un punto di vista della cultura politica. L'ondata neoliberista che ha travolto tutta la sinistra moderata europea si è abbattuta in maniera forse ancora più devastante su di un socialismo italiano minato alle fondamenta dalla povertà di respiro e di strategia. Quanto spazio avrebbe avuto Silvio Berlusconi se la dialettica politica italiana si fosse dipanata tra una destra liberale e cattolica ed una sinistra social riformista? Io credo poco. Ma così non è stato. Il PDS ha tentato di inglobare pezzi di nomenclatura democristiana senza peraltro essere stato in grado di assimilarne né le strutture sociali né il consenso elettorale. I dati ci dicono che il PD prende sempre e comunque gli stessi voti, anzi ne perde negli anni. In compenso Berlusconi che pur da impresentabile cerca di incarnare i valori della destra cattolica, oscurantista e protezionista, cresce.
Ma non è solo questo. Vorrei fosse solo calcolo politico. Vorrei che l'errore fosse solo strategico elettorale. Ma non è così. LA verità è che la ri-elezione di Napolitano ed il probabile governo di larghe intese che ne seguirà sono un'altra cosa. Sono la vittoria del capitalismo manifatturiero e fordista, o meglio di quel poco che ne rimane, contro una forma nuova, un modello di produzione altro, di capitalismo rappresentato dal duo Grillo-Casalegno. Il capitalismo 2.0. quello che esalta la rete come un dio. Quello che invoca la democrazia diretta come nuovo strumento di potere e di irretimento della volontà popolare. Esattamente acme il fascismo storico utilizzava i media di massa perché chiamato a traghettare le masse nella modernità, il grillismo inneggia al web perché chiamato a traghettare le masse dentro il post-fordismo. Sistema, il fordismo dai bassi salari, rappresentato da Berlusconi e, in modo differente, dal PD. Berlusconi ha i piccoli imprenditori del nord est e la burocrazia del sud mentre il PD si poggia sulle cooperative del centro Italia. Entrambi hanno cercato di evitare il passaggio che ha segnato la fine del paradigma fordista. Persino Blair e Clinton ci hanno provato sostituendo alla produzione di massa la finanza di massa. Hanno fallito. Hanno fallito miseramente innescando alcuni dei processi speculativi che hanno portato a questa crisi. Oggi in parlamento ha vinto il vecchio capitalismo sul nuovo.
Lenin diceva che la democrazia rappresentativa è la gabbia dorata del proletariato...la democrazia diretta grillina è la gabbia in fibra ottica..ma sempre di gabbie stiamo parlando, sia chiaro.
Ma di forze popolari e di sinistra non c'è traccia. È normale che sia così. Siamo ancora fermi al paradigma fordista e veniamo risucchiati nel gorgo che risucchia Bersani ed il PD. Le organizzazioni della classe operaia non esistono perché non vi è classe, o almeno non ve n'è la coscienza e quindi la coscienza organizzata in forme collettive. Forse avremo bisogno, come già è stato, di attraversare tragedia che ci dicano cos'è questa trasformazione drammatica che viviamo. Rileggevo Tasca ieri sera...il fascismo è quel che fa. Io metto il grasso sugli scarponi da montagna....