martedì 29 maggio 2012

sismi classisti


Il terremoto è di destra.
Eh lo so...lei la tettonica a zolle non si è mai schierata. Non si riconosce in alcuno schieramento politico. Eppure, come spesso accade, le “tragedie” non solo non sono mai solamente imprevedibili catastrofi ma, soprattutto, hanno una propria connotazione di classe. I poveri e gli operai muoiono, i ricchi ed i padroni mediamente, la scampano.
Ora assisteremo ai soliti piagnistei di Stato alla solita retorica stucchevole per giustificare un semplice dato: di fronte ai sommovimenti di madre natura, quali che siano, la differenza di classe determina le tue possibilità di sopravvivere.
Niente di più, niente di meno. La cura del territorio, i criteri di costruzione, la tempistica dei soccorsi e la capacità di predizione di uno sciame sismico...tutto questo è sfacciatamente classista. Si legge, in queste ore sperando di essere smentiti, di padroni che hanno minacciato i lavoratori che stamani di fronti ai primi sommovimenti del terreno non volevano andare a lavorare. Beh hai il contratto in scadenza a luglio ragazzo mio...fai tu! Sei precario no? Mah sì saranno due scosse di assestamento va a lavorare. Lui, però, il padrone non è morto, perché semplicemente non era là. Eh già perché i tecnici è da giorni che dicevano che nuove scosse erano facilmente prevedibili quando non addirittura ipotizzabili, per questo il padrone non c'era nella sua fabbrica pericolante. Non era a sgomberare le macerie dei terremoti dei giorni scorsi. Chiaramente dirigeva. Si chiamano dirigenti no? Loro dirigono mica faticano. Hanno studiato tanti anni, le loro famiglie ricche li hanno fatti diventare ingegneri, architetti, avvocati e quant'altro a questo scopo preciso. Dirigere, non sporcarsi le mani e rischiare il meno possibile. Per quello c'è la classe operaia, la plebe. Poi certo se le ipotizzabili scosse puntualmente si verificano a restare schiacciati sotto tonnellate di paura e calcinacci sono loro...la plebe. In fondo qualcuno di sostituibile. Eh sì perché di plebe precaria che sgombra le macerie ne trovi sempre. Dirigere, invece, quello sì che è difficile. Devi avere studiato anni per divenire così codardamente attaccato alla tua vita da capire che se la terra trema stare dentro un edificio pericolante è oltremodo pericoloso. Non che gli operai l'attaccamento alla vita non lo abbiano sviluppato ma la loro condizione è talmente disperata che la paura del piatto vuoto o della cartella esattoriale supera quella per il terremoto. E quindi, di fronte al ricatto, cedono. Ora avremo i funerali di Stato, le processioni parrocchiali, i plastici televisivi di Vespa, il cordoglio del governo le speculazioni di Grillo e quant'altro. Sono oramai abbastanza vecchio da ricordare infinite discussioni sulle inondazioni, sui terremoti sugli incendi, sulle cavallette e sull'acqua che diviene sangue...I letti dei nostri fiumi sono ancora in uno stato pietoso...ma in fondo vicino agli argini ci vivono i poveri, quando la terra trema sono le case popolari le prime a sbriciolarsi come dei biscotti secchi e, soprattutto, a fronte di qualsiasi disastro annunciato accada sono operai, pompiere ragazzi dell'esercito, altro serbatoio di riserva della disperazione e della disoccupazione cronica, a dover accorrere. In qualunque situazione. Di solito ne muoiono un certo numero. Eroi, lasciamo che la propaganda imbastita dai colpevoli li chiami eroi. Lo sono. Ma sono soprattutto sfruttati. Plebe sostituibile. Forse suonerà particolarmente scorretto, a me il politicamente corretto mi fa vomitare, ma mi piacerebbe che a spalare le macerie ci andassero questa volta i dirigenti. Cioè i colpevoli. Chi questo disastro, così come quelli precedenti, non ha voluto prevederlo, gestirlo e, parzialmente, evitarlo. Tutti coloro i quali sono materialmente e moralmente responsabili di questa strage. Non mi risulta solo insopportabile...no no. Mi fa proprio incazzare. I terremoti non sono di destra, la gestione del territorio è, invece, una questione squisitamente politica e quindi sociale. La morte non è una tragedia fa parte dell'esistenza umana. Il modo in cui si muore molto spesso è socialmente connotato ed oggi come ieri, muoiono i poveri. Sarà poi la finta carità cristiana così fortemente radicata nella nostra cultura a fare il resto. Sarà qualche Vescovo a benedire quelle bare. Per carità ognuno crede in ciò che vuole non è il funerale religioso a darmi problemi in sé. La ritualità che questo rappresenta in queste occasioni mi turba molto invece. Perchè rafforza l'idea della tragedia inevitabile.
Come se l'acqua che esce da quegli aspersori potesse cancellare di colpo la paura, il ricatto la brutalità e la violenza della povertà che ti obbliga a rischiare la vita ed a volte a morire letteralmente per un tozzo di pane.

venerdì 25 maggio 2012

Notturno numero 1


Non ci ho mai provato a spiegare la mia insonnia. Ne soffro da anni eppure non l'ho mai capita.
Io, poi, non sono nemmeno un insonne puro. Dormo, a volte, la mattina. Mettiamola così, spesso trovo difficile dormire la notte. Anche quando mi sento stanco..niente. Mi infilo nel letto e niente.
Dopo un poco di tempo mi rompo di stare a letto a fare nulla, mi alzo, mi metto a leggere, a scrivere, fumo. Sì chiaramente fumo, come sempre. A volte, nelle notti più lunghe, esco. Cammino da solo per la città in cui in quel momento sto vivendo. Ecco forse, anche cambiare città, letto così spesso non aiuta la mia insonnia. Non lo so. Non ricordo chi ha detto che gli insonni avrebbero bisogno di regole ferree, di abitudini ricorrenti...ah beh allora stiamo a posto. Secondo l'agenda di fronte a me dovrei cambiare, sempre che qui la crisi economica non mandi tutto a rotoli, altre 4 città nei prossimi 6 mesi, in 3 paesi e due continenti diversi!
Molto spesso, poi, visto che tutti questi spostamenti sono complessi e richiedono quantitativi di denaro che non posseggo, subaffitto stanze, posti letto, postriboli vari... Ieri notte approfittando della solitudine assoluta di una strana casa-caverna nella quale vivrò per qualche settimana, mi sono messo a cucinare. Uno spezzatino al sugo...alloro e peperoncino. Va cotto lentamente per almeno 2 ore...perfetto. Mentre il sugo bolliva mi sono messo a rileggere un articolo scientifico di una noia mortale...niente. Alle 6 del mattino lo spezzatino era pronto io avevo riletto la suddetta sfilza di amenità senza senso e sono andato a fare colazione. Solo una volta tornato sono riuscito a dormire qualche ora. Non c'è niente da fare, forse la mia non è neppure difficoltà a dormire...sto cominciando a pensare che sia passione smodata per la notte. Mi piace l'idea che voi stiate in uno stato di semi incoscienza ed io no. Non lo so..forse ego smisurato. Forse fuga dalle relazioni sociali imposte. Ho scritto una piccola riflessione qualche tempo fa è che è divenuta, nello scriverla, troppo personale persino per questo blog, in cui dicevo che il giorno è una fidanzata che ti chiede certezze la notte un'amante che al mattino ti dimentica. Forse in questa fase della mia vita in cui qualunque impegno sentimentale mi risulta impensabile, amo la notte anche di più. Oddio l'ho sempre amata anche prima di approdare alla conclusione che non voglio legami sentimentali troppo stretti...
La notte perché il giorno dopo tutto è finito...è diverso...perché il giorno ha bisogno di spiegazioni mentre la notte comprende la profonda irrazionalità dell'uomo...delle sue scelte dettate dal momento. Il giorno necessita spiegazioni e razionalizzazioni. Il giorno vuole un piano. Di giorno la luce rende i contorni visibili e quindi ti spinge a definire in modo netto cosa sei...cosa vuoi...di notte tutto questo non esiste. Di notte esiste un altro me. Di notte esistono persone che la mattina dopo non riesco a ricordare. Di notte i profumi ed i sapori sono diversi...nessuno mi disturba in nessun modo...vivo, scrivo, amo diversamente..così diversamente che di giorno i ricordi delle notti mi divengono dolorosi e fastidiosi. É il me notturno che ha detto e fatto quelle cose...cercatelo domani dopo mezzanotte..prima non c'è..prima riposa, prima si annoia...e quindi non lo troverete..non venite a chiedermi spiegazioni su quello che fa e pensa o dice il me notturno...io non lo conosco...è li da sempre e spero non se ne vada mai ma non siamo esattamente la stessa persona. Non sono schizofrenico per carità...mi sono fatto massacrare il cervello abbastanza per sapere che sono relativamente sano. No non è quello. Anzi è una questione di rispetto e di profondo egoismo che di notte si prende cura di me. Di giorno mi occupo di tutti...qualunque problema: eccomi ci sono. Di notte no, di notte penso solo a me e, di conseguenza mi diverto. Forse è per questo che scrivo di notte...perché non ho freni perché tutto mi appare chiaro e semplice perché nelle sfumature della notte tutto si fa comprensibile...spiegabile in qualche modo. Non semplice, quello no ma in qualche modo sensato. Di notte ho fatto le cose più belle della mia vita....di notte i più grandi errori. Ok nel momento in cui li compievo mi sembravano, quasi sempre grandi cose anche quelli.
Ed allora forse, amando la notte non posso non amare anche la mia insonnia. In fondo senza di lei crollerei dal sonno e me ne andrei a dormire..a sognare. Non ho un brutto rapporto con i miei sogni. Oddio a volte ne faccio di ricorrenti ed anche di orribili. Veri e propri incubi a puntate...ma non sono mai riuscito a dargli un'importanza capitale. Forse il motivo risiede nel fatto che la psicanalisi insieme con la scienza politica le reputo tra le maggiori disgrazie del pensiero del novecento. Ecco allora hai sognato questo vuol dire che il tuo inconscio vuole dirti quello. Allora punto uno se è inconscio cioè incosciente come fa a volermi parlare? E se con incosciente intendiamo scellerato ha perso su tutta la linea...vince il me sveglio 3-0 a tavolino! Punto due qui si fa fatica a comprendere le persone che ti stanno di fronte e ti parlano figurati se adesso devo mettermi a interpretare il non detto...per carità lo devo già fare con i documenti se mi metto a farlo sui sogni è la fine. Ma un sogno è una fonte? Ok no lasciamo stare. Ah per la cronaca faccio anche sogni bellissimi a volte.
In generale però l'idea del sogno non mi fa impazzire. Non so preferisco le cose reali e solide. I have a dream? Ecco va tu sogna..io sarei stato con le Balck Phanters. Qui ed ora. Il sogno l'utopia l'idealismo no. Ecco forse la notte scarico un poco di cinismo materialista e mi diverto. Se poi almeno questo maledetto materialismo mi avesse convinto fino in fondo. Troppe contraddizioni alla luce sotto il cielo. Ma solo se il cielo è chiaro, i cieli notturni ed insonni hanno sfumature e si può anche essere realisticamente romantici...poi mi ricordo che a  me il romanitcismo mi fa schifo...mi accendo un'altra sigaretta, finisco questa notte mentre già sento la mancanza della prossima...

mercoledì 23 maggio 2012

scontri di civiltà

...in queste ore siamo di fronte alla costruzione di un colpevole questo mi diceva questa sera un amico di cui da smepre apprezzo l'intelligenza. Non è una cosa facile costruire un colpevole..unico e solo...è possibile che l'attentato di Brindisi sia stato davvero compiuto da un solo uomo...io continuo ad avere dei dubbi e, quindi, nonostante tutto pubblico questa piccola riflessione scritta poche ore dopo l'esplosione di quella bomba....


Vorrei saper fare altro... invece so scrivere, so raccontare. Ma non basta. Ci diremo, ci convinceremo ancora una volta della forza della cultura contro la barbarie. Ma avremo, ancora una volta, torto. Semplicemente ci stiamo sbagliando. Scrivo, lo so, sull'onda di un'emozione, una rabbia ancestrale ed antica per lo stupro ripetuto della mia terra. Vorrei poter dire che sono abbastanza civilizzato e sensibile da provare lo stesso tipo di profondo disgusto che provo in queste ore per qualunque ingiustizia ed atrocità perpetrata in ogni angolo del pianeta contro chiunque. Se lo dicessi mentirei. Troppo mi appartengono quei paesaggi, quei visi, quegli accenti per negare che sento questa strage come molto vicina...troppo vicina. Io non so chi ha preparato, posizionato e fatto esplodere quella bomba davanti a quella scuola. Non ho intenzione di avventurarmi in un mestiere che non è il mio. Ma ogni fibra del mio corpo grida: mafia! Ho già scritto di mafia, ho passato ore a cercare di spiegare ad amici stranieri che cos'è...e nello spiegarlo a loro cercavo di capirlo meglio anche io. Oggi non lo so dire. Oggi bastano quelle immagini, quel dolore che sovrasta e che immediatamente spiega. Non mi aiuta. Saperlo non mi aiuta, non mi basta. Non m'interessa che cosa verrà scoperto. Davvero. A meno che non si appuri che siamo di fronte al gesto isolato di un pazzo (cosa che forse sarebbe ancor più spaventosa...) o, altrimenti, altre spiegazioni mi paiono difficilmente credibili. Un'organizzazione terroristica? E perché mai? E perché lì? I servizi segreti, più o meno deviati? Ma per carità e per contrastare cosa ed in nome di che? La famosa loggia massonica brindisina? Non è necessario essere del sud, ma aiuta, per capire...per sentire quel terrore che ti si insinua sotto la pelle, per avvertire quel groppo in gola che ti rende la parola impronunciabile: Sacra Corona Unita, o più semplicemente , La Sacra. Per anni ci siamo cullati nell'idea che la “nostra” organizzazione criminale fosse diversa. Qui non è Palermo. Certo fanno affari sporchi, ma si limitano a rubare, a sfruttare, non uccidono.
Non abbiamo capito che la cultura non basta. Non dico che non serva, dico che da sola non basta. È necessaria ma niente affatto sufficiente. Non lo è perché anche quella mafiosa è una cultura, una cultura che ha regole differenti, altri codici altri riferimenti. Non chiamatela sotto cultura non chiamatela semplicemente barbarie. La mafia è cultura della sopraffazione e della violenza, certo, ma anche del posto di lavoro pubblico donato come un favore, della pensione d'invalidità, della lotta quotidiana contro lo stato che non ti protegge. La mafia lo fa. Ti protegge e ti cura. Certo ti chiede il sangue per questo ma in fondo quale comunità non chiede il sangue? La mafia in alcune aree del Sud Italia s'incarica di pagare le cartelle di Equitalia a famiglie povere. Non è l'anti-Stato....ne è un succedaneo, un vampiro ed allo stesso tempo una stampella. È una stampella dello stato, o meglio è una delle gambe dello Stato quando si vanno a raccogliere i voti così come si raccolgono i pomodori nei campi...con la stessa logica dello sfruttamento.
Quello a cui siamo di fronte, e per una volta cito Huntington, è un vero scontro di civiltà. Con numeri da guerra civile. E le guerre non si vincono solo e solamente con la cultura. Vorrei fosse così, se così fosse io sarei meno inutile. Ma le guerre, soprattutto le guerre civili, le vincono solo due attori: gli eserciti o i popoli. Gli eserciti sono l'espressione di uno Stato, almeno da un paio di secoli anche se ora la cosa sta cambiando, e quindi, dovremmo partire dal presupposto che ci troviamo di fronte a due attori che si contrappongono. Non è così. Lo Stato, in quelle terre, è mafioso. Le elezioni democratiche, i posti pubblici il posto letto in ospedale, persino il loculo al campo santo...tutto è gestito dalla mafia che è talmente innervata all'interno delle strutture dello Stato che la differenza non la vedi nemmeno più...fino a quando quella differenza esplode sventrando una ragazza di 16 anni. Ed allora lo Stato, quello Stato che la mafia l'ha curata ed accudita chiama i cittadini a reagire contro..un pezzo di se stesso. Ora pensare che questo scontro abbia un qualche tipo di uscita possibile mi pare francamente troppo ingenuo.
Ma le guerre civili, dicevo, le possono vincere anche i popoli. L'uscita dalla logica mafiosa non è solo quella culturale..no è quella rivoluzionaria di popolo. Dovremmo avere il coraggio di ricominciare a dirlo. Se la mafia è un fenomeno parassitario ontologicamente e indissolubilmente legato allo stato l'unica uscita è quella rivoluzionaria. E giusto per essere chiari non una rivolta pacifica e culturale...no. Quella non basta. Chi ha messo quella bomba, chi esercita lo sfruttamento economico ed il controllo sociale e politico di metà del paese da decine di anni la battaglia culturale non la teme...ha la sua cultura da contrapporre alla nostra ed è, in questo, sostenuto da una parte preponderante delle istituzioni. No la battaglia culturale, la rivoluzione, la faremo dopo...serviranno anni e generazioni per sconfiggerla quella cultura. Oggi dovremmo attrezzarci per vincere la guerra.

domenica 13 maggio 2012

La lettera scarlatta 



Hanno sparato. Hanno gambizzato. La gambizzazione non è solo ferita del corpo. La gambizzazione è un simbolo, uno stigma, un marchio a fuoco. Una lettera scarlatta che segna a vita chi la subisce. Una specie di rituale che non soltanto punisce ma ti indica per sempre come passibile di altre punizioni. La gambizzazione ti rende un capro espiatorio. Nel corso degli anni di piombo, il decennio 1974-1987, le Br hanno utilizzato questa tecnica tante, troppe volte. In questo, così come in altre cose, emulate da altri gruppi dell'estremismo armato di sinistra. Questo è avvenuto ed avveniva, spesso, anche grazie al supporto sociale, numericamente esiguo ma non inesistente, che quel gruppo aveva costruito intorno a sé. Sparare non è facile. Nemmeno per i professionisti. Si guardi alle percentuali di tiro che un soldato scelto totalizza al poligono e quelle che lo stesso è in grado di realizzare in guerra. Sparare, nemmeno quando sei addestrato a farlo, nemmeno quando un'istituzione totale come l'esercito ti aiuta a spersonalizzare il nemico, non è facile. Allora la domanda che oggi dobbiamo porci noi, non gli inquirenti che sono ovviamente pressati da altre preoccupazioni, è sempre la solita: perché? Chiunque abbia sparato qualunque possa essere la sua matrice politica. Sento parlare confusamente di anarchici ma sarà per il brutto sapore che ci hanno lasciato in bocca i crimini degli anni di piombo ogni volta che s'incolpa un anarchico a me sorgono atroci dubbi. Potrebbero essere cellule impazzite dell'estremismo di sinistra? Sì perché no. Qualche giorno fa un singolo imprenditore della bergamsca ha tenuto in ostaggio un impiegato dell'ufficio delle entrate per ore. Siamo di fronte ad un'ondata di suicidi causati dalla disperazione sociale di un intero paese che sta perdendo drammaticamente la fiducia nella mediazione della politica. Anzi che vede la politica come uno dei mali e non come uno dei rimedi. Le tante sentenze sulle stragi, il berlusconismo con la sua tracotanza personalista e con i suoi attacchi contro la magistratura sicuramente non hanno aiutato. Lo Stato, non necessariamente quello democratico, ha bisogno di fede. Se non ci credi, se non pensi intimamente che quelle realtà istituzionali siano, anche solo in ultima istanza, una opportunità, allora lo spazio che ti separa dal pensarle come un nemico è davvero molto breve. Quando questo spazio è un angusto dramma personale ci si suicida o si tentano azioni spettacolari e spettacolarizzanti. Quando si trova un qualche genere di collante ecco che la forma cambia. La sostanza a volte non molto. Perché la somma di contraddizioni diventi strategia politica ci vuole l'ideologia e non lo spettacolo. Ecco negli ultimi decenni abbiamo pervicacemente distrutto l'ideologia a vantaggio dello spettacolo. Il risultato oltre ad essere desolante potrebbe divenire estremamente violento. Già perché l'ideologia, anche quando assume forme fanatiche, ha un quadro di riferimento entro il quale si può operare. La somma di disperazioni spettacolarizzanti no. Il terrorismo è da sempre una forma di comunicazione che si affida alla capacità di sviluppare emozioni. Smuovere le coscienze anche con gesti estremi. Ma dove sta l'estremo? Dov'è il margine del campo? Questo lo stabiliscono le condizioni strutturali. Ed allora qual è il margine strutturale che è stato varcato gambizzando un dirigente Ansaldo? Anni fa, di fronte alle gambizzazioni, le Br raccoglievano molte critiche ma pure qualche sostegno. Espresso a mezza bocca...ci si dava di gomito in catena di montaggio. Si pensava che quella fosse la legittima restituzione della violenza subita. Fortunatamente era questa l'opinione di pochi. Ora se oggi qualcuno gambizza un altro essere umano o è completamente schiavo del meccanismo della spettacolarizzazione o ha un qualche esiguo rimasuglio di base sociale. Non so davvero cosa sia più preoccupante. Entrambe queste situazioni si dipanerebbero, infatti, fuori da qualunque reale contesto ideologico. Non tattico sia chiaro. Ma la tattica militare necessita di un'organizzazione. Il dott. Adinolfi è stato seguito per giorni. È stata fatta quella che in altri tempi si chiamava l'inchiesta. Questo può far pensare con terrore, questa volta sì, ad una struttura. E le strutture sono esseri viventi. Hanno bisogno di terreno fertile dove mettere radici, di acqua in cui nuotare, di cibo e di aria. Se tra le pieghe di questa drammatica crisi economica e sociale si stesse annidando qualcosa che pensavamo di aver sconfitto la colpa sarebbe, in parte, anche nostra. Non per non aver vigilato ma per aver rese possibili siffatte condizioni. Non è una giustificazione verso chi a compiuto un atto vigliacco ma un augurio a che non le si chiami nuovamente “sedicenti”, a che non si indichi in un anarchico qualunque il colpevole. Di fronte alle organizzazioni si reagisce organizzati. Oggi, la società e lo stato italiano mi paiono ben poco organizzati. E questo mi terrorizza.