lunedì 28 novembre 2016

Que viva el CNEL!

IO giuro che non volevo; ho seguito questo psicodramma referendario con scarsa attenzione, del resto di più non meritava, e con un poco di sarcasmo. Vista dall’estero (dove risiedo più o meno saltuariamente) questa campagna elettorale pare piuttosto ridicola. Anche ad osservatori poco attenti. Insomma il globo pare attraversato da questioni ben più serie di questa perché troppe persone spendano tempo ed energie per affrontare una confusa (e confusionaria) riforma costituzionale. Nelle ultime ore, però, mi sono convinto che una cosuccia la dovevo scrivere, anche solo per i posteri, anche solo per poter dire a chi verrà dopo di me: lo vedi? Mentre il pianeta scivolava nel delirio neo-nazionalista ed i miei compatrioti erano intenti a discutere cose con poco senso; io lo dicevo. Ecco diciamo che i toni millenaristi della campagna elettorale mi hanno veramente stancato. Lo dico per dovere di cronaca, raramente mi sono trovato d’accordo con Bifo ma c’è un post sul blog del suo movimento che mi è parso corretto. Il succo è: l’Europa non esce dalla crisi, i popoli guardano a destra e voi pensate a queste cagate? Per carità è una banalizzazione ma di fatto questo è. Ecco mi trova abbastanza d’accordo. Non credo che se dovesse vincere il Sì si ribalteranno chissà quali equilibri istituzionali; è un pasticcio è una riforma scritta malissimo e pensata per snellire, velocizzare e, forse, banalizzare, cose che, a mio parere, avrebbero invece bisogno di essere ponderate, lente ed a volte persino macchinose. Provo a spiegarmi. La legge è sempre espressione di una classe dirigente. Le norme giuridiche rispondono a complessi equilibri sociali che dovrebbero evitare la guerra civile permanente ma non lo scontro. La democrazia è questa. Si tratta di un’infinita e lunga rottura di palle. Per questo questa riforma è sbagliata. Non si tratta solo del fatto che è scritta da dei cani che farebbero meglio a fare causa alle proprie scuole medie; è sbagliata perché strizza tremendamente l’occhio ad una deriva populista. Velocità e dinamismo. Poi, ripeto, è scritta talmente male che non succederà nulla ma il cuore, il pensiero profondo è la ricerca affannosa di una scorciatoia verso lidi di sfolgoranti ascese elettorali, attenzione, ma che poco hanno a che fare con il politico. Non è una riforma è una scorciatoia un po’ furbetta che dice all’elettore medio: hai visto ho tagliato i costi della politica. Ecco, io sarei per alzarli, invece. La politica è una cosa seria, le democrazie devono comporre interessi contrastanti ed a volte è difficile. La politica deve trovare soluzioni complesse a problemi che la maggioranza di noi ancora non vede. La politica è difficile e la democrazia prevede tempi lunghi e persone preparate. Non serve fare più leggi se sono stupide. Le leggi dell’Imperatore Giustianiano sono vecchiotte ma sono state alla base del pensiero giuridico occidentale per qualche secolo: per dire se una cosa la fai bene, magari ci metti tempo ma poi funziona a lungo. L’Europa sta sprofondando in un incubo di stagflazione non solo economica ma morale ed intellettuale; dipingiamo dei poveri disgraziati in fuga da guerre e miseria causate anche da noi, come un’orda di Visigoti, distruggiamo il futuro del continente sull’altare dell’accumulazione del capitale ed il problema è il referendum? Un po’ sì. Solo un po’ sia chiaro. È un problema il pensiero che ci sta sotto, è poco strategico anzi non lo è per nulla. Aldo Moro diceva che i politici pensano alle prossime elezioni mentre gli statisti alle prossime generazioni. Ecco dovremmo, forse, insegnare alle prossime generazioni, e ricordacelo anche noi, che la democrazia è lenta e complicata che si tratta di pazienza e di visione del futuro. Forse, però, visto che il futuro lo abbiamo dato per spacciato ci accontentiamo della velocità anche nelle sciocchezze. Avremmo, credo, bisogno di un pensiero strategico, che francamente manca, che pensi a modelli di società. Dire vota Sì altrimenti faremo le leggi più lentamente non è sufficiente; anzi. Io vorrei le faceste con calma perché sono importanti e regolano la vita della comunità, gli impediscono di crollare in quella guerra civile che tanti leader europei  di destra sembrano quasi auspicare. Dire pagheremo meno i politici mi spaventa perché mi viene in mente che Trump ha deciso di non essere pagato affatto. Vorrei pagarli molto i nostri politici in Europa, vorrei che prendessero decisioni sagge e che queste decisioni nascessero da un confronto anche aspro perché quello è il cuore della vita democratica. Non una maggioranza schiacciante che simula un unanimismo sterile e vuoto. Lo scontro (non la guerra civile sia chiaro) è fondamentale ed è lo sforzo della ricomposizione a fare la politica; per questo c’è bisogno di tempo e c’è bisogno che le persone che dedicano questo tempo, il loro tempo e la loro vita a un benessere collettivo, vengano pagate perché sia garantito anche a chi non ha di fare la sua parte dentro il dibattito collettivo. Ma ci stanchiamo, preferiamo un like, un post, un twitter; amiamo velocità fagocitanti e comunicazioni inutili. La democrazia vuole tempi lunghi, lavori faticosi e noiosi. Non si può decretare la bontà di una legge in un tweet on in un anno. La sola vera cartina di tornasole da questo punto di vista è questa crociata infame contro il CNEL che avrebbe dovuto essere un’istituzione di programmazione importante ma che è rimasta lettera morta come tante altre parti della Costituzione (pur splendida) di questo pese. Il CNEL non lo vuole nessuno perché non ha funzionato, dicono. Non ha funzionato perché vi avrebbe riportato ad un pensiero strategico, di programmazione, di lentezza e di saggezza. W il CNEL!