IO giuro che non volevo; ho seguito questo psicodramma
referendario con scarsa attenzione, del resto di più non meritava, e con un
poco di sarcasmo. Vista dall’estero (dove risiedo più o meno saltuariamente)
questa campagna elettorale pare piuttosto ridicola. Anche ad osservatori poco
attenti. Insomma il globo pare attraversato da questioni ben più serie di
questa perché troppe persone spendano tempo ed energie per affrontare una
confusa (e confusionaria) riforma costituzionale. Nelle ultime ore, però, mi sono
convinto che una cosuccia la dovevo scrivere, anche solo per i posteri, anche
solo per poter dire a chi verrà dopo di me: lo vedi? Mentre il pianeta
scivolava nel delirio neo-nazionalista ed i miei compatrioti erano intenti a
discutere cose con poco senso; io lo dicevo. Ecco diciamo che i toni
millenaristi della campagna elettorale mi hanno veramente stancato. Lo dico per
dovere di cronaca, raramente mi sono trovato d’accordo con Bifo ma c’è un post
sul blog del suo movimento che mi è parso corretto. Il succo è: l’Europa non
esce dalla crisi, i popoli guardano a destra e voi pensate a queste cagate? Per
carità è una banalizzazione ma di fatto questo è. Ecco mi trova abbastanza
d’accordo. Non credo che se dovesse vincere il Sì si ribalteranno chissà quali
equilibri istituzionali; è un pasticcio è una riforma scritta malissimo e
pensata per snellire, velocizzare e, forse, banalizzare, cose che, a mio
parere, avrebbero invece bisogno di essere ponderate, lente ed a volte persino
macchinose. Provo a spiegarmi. La legge è sempre espressione di una classe
dirigente. Le norme giuridiche rispondono a complessi equilibri sociali che
dovrebbero evitare la guerra civile permanente ma non lo scontro. La democrazia
è questa. Si tratta di un’infinita e lunga rottura di palle. Per questo questa
riforma è sbagliata. Non si tratta solo del fatto che è scritta da dei cani che
farebbero meglio a fare causa alle proprie scuole medie; è sbagliata perché
strizza tremendamente l’occhio ad una deriva populista. Velocità e dinamismo.
Poi, ripeto, è scritta talmente male che non succederà nulla ma il cuore, il
pensiero profondo è la ricerca affannosa di una scorciatoia verso lidi di
sfolgoranti ascese elettorali, attenzione, ma che poco hanno a che fare con il
politico. Non è una riforma è una scorciatoia un po’ furbetta che dice
all’elettore medio: hai visto ho tagliato i costi della politica. Ecco, io
sarei per alzarli, invece. La politica è una cosa seria, le democrazie devono
comporre interessi contrastanti ed a volte è difficile. La politica deve
trovare soluzioni complesse a problemi che la maggioranza di noi ancora non
vede. La politica è difficile e la democrazia prevede tempi lunghi e persone
preparate. Non serve fare più leggi se sono stupide. Le leggi dell’Imperatore
Giustianiano sono vecchiotte ma sono state alla base del pensiero giuridico
occidentale per qualche secolo: per dire se una cosa la fai bene, magari ci
metti tempo ma poi funziona a lungo. L’Europa sta sprofondando in un incubo di
stagflazione non solo economica ma morale ed intellettuale; dipingiamo dei
poveri disgraziati in fuga da guerre e miseria causate anche da noi, come
un’orda di Visigoti, distruggiamo il futuro del continente sull’altare
dell’accumulazione del capitale ed il problema è il referendum? Un po’ sì. Solo
un po’ sia chiaro. È un problema il pensiero che ci sta sotto, è poco
strategico anzi non lo è per nulla. Aldo Moro diceva che i politici pensano
alle prossime elezioni mentre gli statisti alle prossime generazioni. Ecco
dovremmo, forse, insegnare alle prossime generazioni, e ricordacelo anche noi,
che la democrazia è lenta e complicata che si tratta di pazienza e di visione
del futuro. Forse, però, visto che il futuro lo abbiamo dato per spacciato ci
accontentiamo della velocità anche nelle sciocchezze. Avremmo, credo, bisogno
di un pensiero strategico, che francamente manca, che pensi a modelli di
società. Dire vota Sì altrimenti faremo le leggi più lentamente non è
sufficiente; anzi. Io vorrei le faceste con calma perché sono importanti e regolano
la vita della comunità, gli impediscono di crollare in quella guerra civile che
tanti leader europei di destra sembrano
quasi auspicare. Dire pagheremo meno i politici mi spaventa perché mi viene in
mente che Trump ha deciso di non essere pagato affatto. Vorrei pagarli molto i
nostri politici in Europa, vorrei che prendessero decisioni sagge e che queste
decisioni nascessero da un confronto anche aspro perché quello è il cuore della
vita democratica. Non una maggioranza schiacciante che simula un unanimismo
sterile e vuoto. Lo scontro (non la guerra civile sia chiaro) è fondamentale ed
è lo sforzo della ricomposizione a fare la politica; per questo c’è bisogno di
tempo e c’è bisogno che le persone che dedicano questo tempo, il loro tempo e
la loro vita a un benessere collettivo, vengano pagate perché sia garantito
anche a chi non ha di fare la sua parte dentro il dibattito collettivo. Ma ci
stanchiamo, preferiamo un like, un post, un twitter; amiamo velocità
fagocitanti e comunicazioni inutili. La democrazia vuole tempi lunghi, lavori
faticosi e noiosi. Non si può decretare la bontà di una legge in un tweet on in
un anno. La sola vera cartina di tornasole da questo punto di vista è questa
crociata infame contro il CNEL che avrebbe dovuto essere un’istituzione di
programmazione importante ma che è rimasta lettera morta come tante altre parti
della Costituzione (pur splendida) di questo pese. Il CNEL non lo vuole nessuno
perché non ha funzionato, dicono. Non ha funzionato perché vi avrebbe riportato
ad un pensiero strategico, di programmazione, di lentezza e di saggezza. W il
CNEL!
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